Le persone con un’alimentazione ad alto contenuto di vitamine o di acidi grassi omega 3 hanno meno probabilità di subire un restringimento del cervello caratteristico del morbo di Alzheimer, rispetto alle persone la cui dieta non si basa su tali sostanze nutritive, secondo un nuovo studio pubblicato il dicembre 28 2011 nella rivista Neurology, la rivista medica dell’American Academy of Neurology.
Coloro che seguono diete ad alto contenuto di acidi grassi omega 3 e vitamine C, D, E e vitamine del gruppo B hanno ottenuto anche punteggi più alti nei test psicologici sul funzionamento mentale rispetto alle persone con diete a basso contenuto di tali nutrienti. Gli acidi grassi omega 3 e la vitamina D si trovano principalmente nel pesce. Le vitamine del gruppo B e antiossidanti C ed E si trovano principalmente in frutta e verdura.
Inoltre la ricerca ha dimostrato che le persone con diete ricche di grassi trans (grassi vegetali idrogenati e altri grassi di origine animale) hanno più probabilità di avere un restringimento del cervello e punteggi più bassi nel test di pensiero e memoria rispetto a persone con diete a basso contenuto di tali grassi. I grassi trans si trovano principalmente nel cibo confezionato, nel cibo dei fast food, in fritti e surgelati, nei prodotti da forno e nella margarina.
Lo studio ha coinvolto 104 persone con un’età media di 87 anni e con fattori di rischio molto bassi per perdita di memoria e capacità cognitive.
Gli esami del sangue sono stati analizzati per determinare i livelli di varie sostanze nutrienti presenti nel sangue di ciascun partecipante.
Tutti i partecipanti hanno anche dovuto sottoporsi a prove per misurare la loro memoria e la capacità di pensiero. Inoltre, 42 partecipanti sono stati sottoposti alla risonanza magnetica per misurare il volume del cervello.
Nel complesso, i partecipanti avevano un buono stato nutrizionale, ma nel 7% i ricercatori hanno osservato carenza di vitamina B12 e nel 25% di vitamina D.
L’autore dello studio, Gene Bowman, della Oregon Health & Science University di Portland e membro della American Academy of Neurology, ha detto che i biomarcatori dei nutrienti nel sangue rappresentano una parte significativa della variazione sia del volume del cervello e del punteggio in pensiero e memoria.
Per quanto riguarda i test su memoria e pensiero, l’alimentazione influiva sulle prestazioni nel 17% dei casi. Altri fattori come l’età, il numero di anni di istruzione e la pressione alta rappresentavano il 46% della variazione.
Il volume del cervello invece era influenzato dal tipo di alimentazione nel 37% dei casi, un valore molto elevato e che ha abbastanza sorpreso Bowman.
“Questi risultati devono essere confermati, ma ovviamente è molto interessante l’ipotesi che le persone potrebbero in parte fermare la riduzione del proprio cervello e la stabilizzazione delle proprie facoltà cognitive semplicemente regolando la propria dieta,” ha detto Bowman.
Lo studio è stato il primo ad utilizzare biomarcatori dei nutrienti nel sangue per analizzare l’effetto della dieta sulla capacità di memoria e di pensiero e a confrontare questi livelli con il volume del cervello. Precedenti studi hanno esaminato solo una o poche sostanze nutritive in un dato momento oppure hanno utilizzato questionari per valutare la dieta delle persone.
Ma – conclude Bowman – basarsi sui questionari rischia di non tenere conto di quanto le sostanze nutritive vengono assorbite dal corpo, il che può essere un problema negli anziani.